Oggi Roberto Baggio compie cinquant'anni e approfitto di questa occasione per sottolineare, ancora una volta, perché lo ritengo un Campione che trascende la disciplina in cui ha eccelso.

Chi mi conosce lo sa, ho tante passioni che sin dalla tenera età mi porto dietro con lo stesso entusiasmo e anche dopo venti anni, una di queste è il Divin Codino.

Sicuramente la passione per Roby nacque inizialmente con le sue magie in maglia viola, ma crescendo si è evoluta in qualcosa di più (No Homo): le sue giocate in Nazionale, le sue mille risurrezioni calcistiche e fantacalcistiche (era uno dei punti fermi delle mie campagne del Fantacalcio) e infine, per il suo rapporto con la fede.

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Come molti di voi sapranno già, da circa quindici anni sono buddista praticante della Soka Gakkai che, tra i suoi tanti discepoli, vede per l'appunto anche Roberto Baggio.

Ovviamente non è stato certo questo il motivo per cui ho iniziato a praticare il buddismo, ma devo dire che il suo esempio fu per me uno stimolo non indifferente. In lui vidi in modo evidente, il potere della determinazione che prescinde dal risultato.

Quando mi avvicinai a questa religione era la primavera del 2002, a breve sarebbero iniziati i mondiali in Korea e Giappone e Roberto Baggio era fermo ai box, per l'ennesima operazione al ginocchio.

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Ricordo ancora la sua determinazione nel voler tornare a vestire la magia azzurra e quando, a 81 giorni dall'infortunio, proprio contro la Fiorentina a Firenze, tornò in campo e segnò una doppietta, esultammo con lui (tra una bestemmia e l'altra).

Purtroppo Trapattoni decise di non portarlo al Mondiale, creando in tutti una ferita da delusione ancora aperta, ma la sua frase mi segnò:

«Io la mia impresa mondiale l'avevo fatta: ritornare a giocare, dopo un crociato, in 76 giorni».

Quella volta dimostrò al mondo che, con passione e determinazione, tutto è possibile.

Dopo un paio di anni si ritirò dal calcio giocato, sparendo silenziosamente dalle luci della ribalta, ma rimanendo per tanti (per me di sicuro), un esempio sia professionale che umano, anche perché le poche volte in cui risentiamo parlare di lui è per iniziative benefiche.

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Non a caso è ambasciatore FAO e nel 2010, una commissione composta dai Premi Nobel per la pace, gli ha assegnato il "Peace Summit Award 2010" per «il suo impegno forte e costante alla pace nel mondo e le relative attività internazionali».

Concludo quindi dicendo che il motivo per cui lo stimo e lo considero un campione, è perché ha dimostrato di essere, nel suo settore, il migliore essere umano possibile.

Cosa a cui dovremmo ambire tutti.

P.S. Per chi ha voglia di rivivere le tre decadi di passione del Roberto Baggio calciatore, consiglio la visione di questo video.


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